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Evasione fiscale: il redditometro non basta

Evasione fiscale: il redditometro non basta

Evasione fiscale: il redditometro non basta

La pronuncia 209/63/2013 della Commissione tributaria regionale della Lombardia attribuisce al redditometro una portata minore rispetto a quanto alcuni osservatori temevano (invero, una minoranza): il nuovo strumento del fisco non può essere considerato quale elemento sufficiente per accertare e contestare redditi non dichiarati.

In altri termini, e così come avviene nei confronti di altri strumenti (come gli studi di settore) il redditometro produce dei risultati che sono equiparati a delle semplici presunzioni. Sul come (e perché) si sia arrivati a tale elaborazione ci ha informato qualche giorno fa il quotidiano Il Sole 24 Ore, che nella sua versione online riepilogava quanto accaduto a una contribuente vistasi rideterminare il reddito in virtù dell’applicazione del nuovo redditometro, e della rilevazione del possesso di un’abitazione principale, di una seconda casa e di un’auto.

La contribuente sosteneva infatti che era il proprio compagno ad aver sostenuto i costi di mantenimento dei beni che sono stati posti a base della rettifica, contestando altresì – in appello contro la decisione della Commissione provinciale – il metodo adottato per rideterminare il maggior reddito che ne è derivato.

Ebbene, i giudici della Commissione regionale hanno affermato che il redditometro costituisce un accertamento di natura statistica, e di conseguenza i suoi risultati non possono che essere trattati allo stesso modo dei parametri e degli studi di settore. In termini ancora più chiari, la pronuncia della Commissione ha dichiarato che a causa della natura “meramente presuntiva del redditometro, gli elementi di accertamento da esso derivanti devono essere corredati da ulteriori dati idonei a sostenere le risultanze, come stabilito in materia di parametri e studi di settore”.

Insomma, il redditometro aiuta il Fisco, ma da solo non basta a contestare maggiori redditi.