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La sospensione dell’esecutività delle sentenze impugnate

La sospensione dell’esecutività delle sentenze impugnate

Un ufficio dell'agenzia delle entrate, in una foto d'archivio del 4 maggio 2012. Maxi operazione degli ispettori dell' Agenzia delle Entrate tra venerdì sera e le prime ore di questa mattina con un centinaio di controlli in locali, bar e stabilimenti di note località balneari, tra le quali Capri, Portofino, Portocervo. Per i locali notturni i controlli sono avvenuti in collaborazione con agenti Siae. Gli esercizi oggetto della maxi operazione del Fisco in note località balneari di tutta Italia sono stati selezionati dopo una ''preventiva e approfondita attività di analisi del rischio'' basata su elementi informativi presenti in Anagrafe Tributaria e sulla conoscenza del territorio che hanno fatto emergere anomalie e assenza di controlli. E' quanto si apprende da fonti vicine all'operazione. Per quanto riguarda i locali notturni controlli e selezione sono stati svolti in collaborazione con gli ispettori della Siae. ANSA/STRINGER

Nel processo tributario la tutela cautelare è enunciata dall’art.47 del Dlgs n.546/1992, che come è noto disciplina la sospensione dell’atto impugnato innanzi alle commissioni tributarie provinciali.

Il comma uno, nel regolare tal istituto cautelare, dispone che “il ricorrente, se dall’atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla commissione provinciale competente la sospensione dell’esecuzione dell’atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificata alle altre parti e depositata in segreteria sempre che siano osservate le disposizioni di cui all’art.22”.

Tale tutela sospende l’esecuzione dell’atto impugnato in attesa che il giudice si pronunci sul ricorso; è un’istanza proposta dal contribuente alla Ctp, qualora il pagamento delle somme richieste a titolo provvisorio possa arrecare un danno grave e irreparabile.

Atti impugati e sentenze non emesse

Questa possibilità è stata concessa solo sugli atti impugnati e non sulle sentenze successivamente emesse, in conseguenza di un’interpretazione restrittiva dell’articolo 49 del Dlgs 546/1992; l’art.49, prevede che “alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo II, capo I, del libro II del c.p.c., escluso l’art. 337 e fatto salvo quanto previsto nel presente decreto”.

A completamento del quadro normativo, che sino ad oggi regolava l’esecutività delle sentenze impugnate sino alla Cassazione, si ricorda che la provvisoria esecutorietà delle sentenze delle commissioni tributarie è disciplinata dal capo IV del dlgs 546/1992, più precisamente l’art. 68 sancisce il principio della provvisoria esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie e gradua la determinazione degli importi da versare o rimborsare in relazione all’esito della decisione e al grado dell’organo giudicante.

Pertanto, mentre per il primo grado di giudizio è sempre esistita una tutela cautelare, per i successivi la possibilità era preclusa. Ciò rendeva difficile la posizione in cui versava il contribuente, costretto a versare le somme previste dalla sentenza in quanto non poteva contare su alcun tipo di tutela.

L’Agenzia delle Entrate apre uno spiraglio su tale questione con la circolare n.38/2015, la quale suggerisce agli uffici di non rilevare più l’inammissibilità delle richieste di sospensione.

Tale circolare sembra risolvere definitivamente la questione, poiché il documento invita espressamente gli uffici a non opporsi alle istanze di sospensione proposte nei successivi gradi di giudizio. Tuttavia precisa che è necessario prestare particolare attenzione alle prove fornite dal contribuente per attestare l’esistenza dei requisiti necessari affinchè la sospensione possa essere accordata.

Principi base

I principi base contenuti nella suddetta circolare sono i seguenti:

  • Il contribuente può in ogni caso chiedere la sospensione dell’atto impugnato in presenza di un danno grave ed irreparabile;
  • Le parti possono chiedere la sospensione degli effetti della sentenza sia di primo grado sia di appello, analogamente a quanto previsto nel c.p.c.;

Inoltre la circolare conferma che la proposizione del ricorso non ha di per sé effetto sospensivo del’atto impugnato, ma va integrata da un’apposita istanza, contenuta nel medesimo atto introduttivo del giudizio o presentata con atto separato, debitamente notificata a controparte e depositata presso la segreteria della commissione tributaria competente.

I presupposti della sospensione, dei quali il giudice deve riscontrare la sussistenza all’esito di pur sommaria deliberazione sono:

  • Il fumus boni iuris, ossia la fondatezza prima facie dei motivi di ricorso;
  • Il periculum in mora, ossia il pericolo di danno grave ed irreparabile.

Nella valutazione dei presupposti della sospensione, l’interesse del ricorrente va bilanciato con quello dell’ente impositore alla tutela del credito erariale: anche con riferimento all’esito di tale ponderazione va letta la previsione, invariata nell’attuale formulazione del comma 5, secondo cui “ la sospensione può anche essere parziale”.

Il Dlgs, 156/2015, finalmente, recependo il principio già affermato diverse volte dalla Corte Costituzionale, disciplina una tutela del contribuente che sino ad ora era solo oggetto di interpretazioni costituzionali e della dottrina che cozzavano con gli uffici dell’amministrazione finanziaria i quali, sino alla circolare n.38/2015 precedentemente richiamata,  si sono mostrati orientati ad una inapplicabilità della richiesta di sospensione delle sentenze di primo grado e di appello nel processo tributario.

Decreto: possibilità di richieste

Il decreto innanzi richiamato ha previsto la possibilità di chiedere ed ottenere:

  • la sospensione dell’esecuzione delle sentenze di primo grado impugnate in appello;
  • la sospensione dell’esecuzione delle sentenze di secondo grado impugnate in

Ratio di tale possibilità è la “necessità di uniformare e generalizzare gli strumenti di tutela cautelare nel processo tributario”così come enunciato dall’art.10 comma 1, lettera b, n.9 della legge n.23 del 2014. I giudici che hanno pronunciato le sentenze dovranno vagliare le istanze di sospensione delle sentenze di primo e secondo grado sfavorevoli al contribuente senza addurre lacune al sistema codicistico tributario.

In merito alle modalità per richiedere la sospensione della sentenza andranno adottate accortezze maggiori per la sospensione della sentenza di appello gravata da ricorso per Cassazione.

Infatti, non essendo previsto nulla dalla legge, se non dalla prassi instaurata nel processo tributario, sarà opportuno notificare il ricorso alla controparte e poi depositarlo entro 30 giorni presso la commissione. In giudizio sarà necessario produrre il certificato di deposito del ricorso in Cassazione affinchè la Commissione  tributaria regionale possa pronunciarsi sull’istanza cautelare.

L’istanza va proposta con uno specifico atto (da notificare anche alla controparte), in quanto indirizzata ad un giudice diverso dalla Corte di Cassazione, chiamata a decidere sull’impugnazione. Un’istanza di sospensione della sentenza presentata direttamente alla Suprema Corte sarebbe, quindi, inammissibile. Per contro, il comma 6, al fine di subordinare l’eventuale concessione della sospensione all’effettiva instaurazione del giudizio di legittimità, preclude alla commissione la possibilità di pronunciarsi qualora la parte istante non fornisca prova di aver depositato il ricorso per cassazione contro la sentenza. A sua volta, il comma 4 chiarisce che il collegio, come per gli altri gradi di giudizio, provvede con ordinanza motivata non impugnabile, sentite le parti in camera di consiglio.

Dal punto di vista sostanziale il giudice dovrà esaminare il danno grave e irreparabile, e non anche il fumus boni iuris, così come affermato dalla su richiamata Circolare.

Le novità introdotte dallo schema di decreto prevedono la sostituzione dell’art.52 e l’introduzione del nuovo art 62-bis, dedicati entrambi alla sospensione della provvisoria esecuzione delle sentenze impugnate in appello ed in cassazione.

L’art. 52 come novellato dallo schema di decreto legislativo, prevede al comma 2 che “ l’appellante, pertanto anche l’amministrazione finanziaria oltre che il contribuente, può chiedere alla commissione regionale di sospendere in tutto o in parte l’esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi.

L’art.62-bis, inserito ex novo dall’art. 9, comma 1, lettera aa) del decreto di riforma, prevede che: “la parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla commissione che ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività allo scopo di evitare un danno grave ed irreparabile”. Come esplicitato nella relazione illustrativa al decreto di riforma, la formulazione dell’articolo 62-bis in esame è analoga a quella contenuta nell’art. 373 c.p.c., già richiamato precedentemente, e attribuisce rilievo al solo periculum in mora, senza possibilità di valutare come già detto il fumus boni iuris, Per il resto l’art 62-bis ricalca la medesima procedura disciplinata dal nuovo art. 52 e ripropone il richiamo dell’art.47, comma 8-bis, sulla debenza degli interessi da sospensione amministrativa.

In definitiva, è consentito alla parte ricorrente di richiedere direttamente “alla commissione che ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività allo scopo di evitare un danno grave e irreparabile”.  Allo stesso fine è garantita al contribuente la possibilità di chiedere la sospensione dell’atto.

La distinzione tra le due disposizioni normative sta nell’oggetto della prova, dovendo la parte istante nella sentenza impugnata in appello fornire la dimostrazione dei gravi e fondati motivi su cui si basa la richiesta cautelare, mentre nella sentenza impugnata per cassazione sono la prova del danno grave ed irreparabile.

Tali articoli sembrano porre fine alle annose diatribe sull’operatività della tutela cautelare esistente, come evidenziato precedentemente, sino ad oggi solo nel corso di primo grado di giudizio così come novellato dall’art. 47 del Dlgs n.546/1992.

La norma esplicata nell’art.62-bis, pertanto, colmando l’assenza di una univocità giurisprudenziale, unita alla mancanza di una norma espressa che disciplinasse la sospensione delle sentenze anche dopo il primo grado  e ponendo rimedio alle problematiche vissute sino ad oggi dai contribuenti, che sino ad oggi si erano visti rigettare le proprie istanze cautelari, può esser definita una norma che ha posto fine alla necessità di dover ricorrere ad interpretazioni giurisprudenziali e dottrinali, tutelando in via definitiva il contribuente.