
La Riforma del Condominio, approvata dal Parlamento nelle scorse settimane, riscrive i quorum deliberativi necessari per procedere all’abbattimento delle barriere architettoniche, innalzando la maggioranza degli intervenuti e del valore dell’edificio da un terzo alla metà nella riunione successiva alla prima.
Passi indietro
Passo indietro rispetto al percorso intrapreso nel lontano gennaio del 1989, quando la Legge 13/1989 cercò di dare un’accelerazione decisa ad opere onerose ma di indubbia utilità sociale.
La ratio semplice ma fondamentale
Il Legislatore stabilisce all’art. 2 del DM 236/1989 le fattispecie da classificare come autentici impedimenti. La ratio semplice ma fondamentale è quella di consentire ad ogni condomino di usufruire degli spazi a disposizione.
In quest’ottica gli ostacoli fonti di disagio per la mobilità delle persone (con particolare riferimento a coloro che presentano una capacità motoria ridotta o impedita) o che impediscano la normale utilizzazione delle componenti, oltre alla mancanza di accorgimenti audio/visivi per la corretta identificazione delle fonti di pericolo, costituiscono barriere da eliminare.
Superare le difficoltà
Prima del cambio normativo, l’art. 2 della Legge 13/1989 prevedeva che le innovazioni tese a superare le difficoltà appena descritte dovessero essere approvate dall’assemblea di condominio con le maggioranze previste dall’art. 1136 del Codice Civile, secondo e terzo comma.
Maggioranza dei partecipanti e 500 millesimi in prima convocazione, un terzo e 334 millesimi in seconda battuta.
Facile intuire come soprattutto l’ultimo limite fosse concepito per facilitare l’approvazione anche in presenza di numerosi condomini dissenzienti.
Riforma 2012
La Riforma 2012 però supera tale orientamento e stabilisce sia in prima che in seconda chiamata la soglia minima pari alla metà. Il termine di riferimento è infatti il novellato art. 1120 C.C., 2 comma, il quale prevede che le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche necessitino della “maggioranza indicata dal secondo comma dell’art. 1136”, elidendo ex abrupto il collegamento al terzo comma. Il limite morbido di 1/3, contenuto nell’abbandonato riferimento legislativo, scompare dunque di colpo dal panorama, rendendo più complicate le delibere contrastate.
Supercondominio
Il Supercondominio potrebbe risultare dunque di difficile fruizione per portatori di handicap e diversamente abili, macchiando i buoni intenti della norma approvata. Una corretta rivisitazione, che riporti quanto meno alle precedenti condizioni, sembra necessaria oltre che dovuta per livellare le differenze tra gli inquilini e raggiungere l’obiettivo di perfetta fruizione delle parti condominiali.
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