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Circoli privati non affiliati: Quando la somministrazione di bevande e pasti costituisce attività commerciale

Circoli privati non affiliati: Quando la somministrazione di bevande e pasti costituisce attività commerciale

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I circoli privati, gestisti da associazioni senza scopo di lucro, che somministrano alimenti e bevande ai propri associati devono costantemente fare i conti con i limiti imposti dalla legge affinché non si trasformino di fatto da associazioni senza scopo di lucro a soggetti commerciali a tutti gli effetti.

L’avvio la conduzione di queste attività è regolamentata dal DPR 235/2001, che all’art. 2 ha stabilito che, se l’associazione che gestisce il circolo è affiliata ad un ente o organizzazione sociale, le cui finalità sono riconosciute dal Ministero dell’Interno (lett. E del 6° comma, art. 3 della L. 287/91), l’attività di somministrazione può essere avviata con la sola segnalazione di inizio attività (SCIA) al comune competente.

Associazioni affiliate e non affiliate

Diversamente, per le associazioni “con somministrazione” e non affiliate ad alcun ente, l’avvio dell’attività è sottoposto alla normale disciplina prevista dal 1° comma dell’art. 64 Dlgs 59/2010 e art. 3 del DPR 235/2001, ovvero alla presentazione di regolare SCIA ove, come stabilito dal comma 2 dell’art. 64 del Dlgs 59/2010, il comune autorizzerà l’accoglimento della domanda di apertura salvo mancanza contestazione entro 45 giorni dalla segnalazione di inizio attività.

La differenza di fondo tra associazioni affiliate e non affiliate va ricercata nei controlli che l’ente comunale effettuerà sulle seconde per verificare che sussistano i requisiti associativi tali da non costituire attività commerciale.

Le associazioni affiliate invece, in forza del riconoscimento ministeriale dell’affiliante, possono contare su procedure più celeri e controlli meno rigorosi. Ai fini delle verifiche sulle associazioni non affiliate è importante quindi dotarsi di uno statuto/atto costitutivo tale da dimostrare i requisiti di base dell’ente senza scopo di lucro che persegue un fine associativo.

Regime fiscale

L’art. 148, comma 3 del TUIR stabilisce che le attività di somministrazione svolte da “associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale, di promozione sociale e di formazioni extra-scolastica della persona” siano sempre considerate attività non commerciali, anche se svolte dietro il pagamento di un corrispettivo da parte degli associati.

Lo stesso art. 148, comma 4 però, specifica che tale disciplina non è applicabile alla “somministrazione di pasti”, per questi, vale sempre l’applicazione della disciplina commerciale. A detta della giurisprudenza nonché dello scrivente, la normativa in questione, per “pasti” intenda la somministrazione di vitti completi e non di singoli elementi che lo compongono (es. le sole bevande). Tale interpretazione trova sua conferma in materia IVA all’art.4, comma 5, del DPR 633/72, il quale prevede che sono sempre da considerarsi commerciali, e quindi imponibili ai fini IVA, i corrispettivi provenienti da attività di “gestione di mense e somministrazione di pasti” da chiunque siano esercitate, compresi gli enti non commerciali ed anche gli enti pubblici.

Alcune differenze

Le problematiche interpretative di natura fiscale su esposte si palesano con specifico riferimento alle associazioni non affiliate che erogano somministrazione di bevenati e/o alimenti, per queste infatti è bene sempre tener presente entro quale limite erogare i servizi in questione per non essere riconosciuti fiscalmente come soggetti commerciali.

Per le associazioni affiliate ad enti riconosciuti dal ministero il fisco, in maniera differente, per effetto dell’art. 148, comma 5 del TUIR, prevede la totale esclusione dal fine commerciale di tutte le attività di somministrazione di pasti e alimenti ai soli associati.

Ai sensi del comma 5 quindi, il legislatore con palese chiarezza autorizza qualsiasi tipologia di erogazione di pasti e/o bevande alle associazioni che rientrano nella categoria delle affiliate ad un ente nazionale riconosciuto dal Ministero dell’Interno.

Pagamenti ed IVA

La diatriba commerciale o non commerciale risulta in definitiva fondamentale ai fini dell’imponibilità IVA. Un soggetto non commerciale è autorizzato ad erogare bevande e pasti ai propri associati in regime di non imponibilità IVA (art. 1 del DPR 633/72), in pratica, a fronte del pagamento del corrispettivo il gestore (responsabile) dell’associazione emetterà una semplice ricevuta che registrerà nel libro delle entrate e delle uscite.

Viceversa, l’associazione che eroga i servizi di cui sopra in regime di commercio, oltre ad applicare l’IVA sui corrispettivi incassati, dovrà, contemporaneamente munirsi di tutti i registri di legge utili alla liquidazione periodica della relativa imposta.